Qualcuno doveva pur dirlo.
Cari Amici Lettori,
Questa mattina, sull'autobus, mi sono promessa che oggi sarebbe stato il giorno zero.
Quasi fuori dalla norma cominciare qualcosa di nuovo in un giorno che non sia lunedì.
Ma per me, oggi, il giorno zero, è quello del "lo faccio anche contro il mio orgoglio".
Che poi, l'orgoglio non è anche paura, mi dico?
E quindi lasciar andare l'orgoglio non è anche coraggio?
Così, ho iniziato a pensare, ma questa volta da seduta, che io non le capisco proprio le persone che agiscono senz'animo.
Io non capisco come si faccia ad agire senza convinzione, cuore o passione.
Penso a quanto una persona possa inaridirsi così tanto e così velocemente, da svuotarsi di sentimenti e di emotività.
A quanto la dedizione e l'impegno siano disinteressati e meccanici.
A come si riesca ad agire in modo puramente funzionale, senza individualità, senza significato e senza finalità.
Forse a nessuno piace rischiare.
Preferiamo l'immaturità alla sincerità.
La superficialità alla responsabilità.
Il silenzio anestetizzante, l'assenza e il distacco.
Preferiamo fare un passo indietro piuttosto che metterci in gioco.
Perché anche non scegliere è una scelta.
Perché preferiamo pensare di essere inadeguati per certe situazioni, invece di scegliere di viverle.
E forse, in fondo e alla fine, non tutti siamo capaci davvero di rischiare.
Non tutti sappiamo cosa vogliamo, cosa proviamo, cosa cerchiamo.
In un'occasione, in amicizia o in amore.
Non è semplice accettare di non provare delle emozioni. Perché questo significherebbe ammettere di averle perse e represse.
E chi mai vorrebbe ammetterlo?
Non sempre facile, non sempre a fuoco.
Ma piano piano si inizia a mettere sempre tutto al proprio posto.
Ogni cosa, da sola, prende ordine.
E bisogna essere tanto coraggiosi per fare spazio.
Ed incredibilmente forti per arrendersi e per lasciarsi attraversare dalla vita, senza opporre alcuna resistenza alla fragilità.
Perché la fragilità merita di essere vissuta, sofferta, capita, accolta.
Perché per me, almeno per me, è l'unico mezzo grazie al quale capisco di essere ancora umana.
E perché qualcuno deve pur dirlo che è meglio lasciarli vuoti, quegli spazi così piccoli.
Quel tutto molto bello. Ma anche un po' finto.
A volte si fanno degli errori.
Anzi no.
Non è corretto chiamarli così.
Gli errori sono altro.
Quindi utilizzo un termine più edulcorato.
Sarebbe più opportuno definirli come messa alla prova.
Ed è un bene riconoscerle come tali.
Quando si raggiunge la consapevolezza, si riconosce la verità.
Non si mette più in discussione chi siamo, ma è un modo per essere realisti.
La consapevolezza è un'arma.
Vincente.
È apertura al confine più ampio del nostro essere.
È quella condizione sine qua non che ti fa cambiare prospettiva. E grazie alla quale sai chi sei e chi non sei, e cosa non vuoi.
Quasi come a ringraziare. A provare gratitudine.
La consapevolezza è un vincolo irrinunciabile, perché è quel passaggio che ti porta sulla strada del riscatto.
Di una seconda scelta.
Di un'altra possibilità ancora.
Di un'esperienza in più.
Di un'altra prima volta.
Se avessi saputo quanto faticoso coraggio mi sarebbe servito per sfidare me stessa oggi, mi sarei fatta piacere film senza eroine.
Ma spesso le persone ci feriscono.
Questo è assodato. Ci fanno male deliberatamente, come se ne avessero il potere.
Fanno le stronze, godono parlandoci male alle spalle, e al peggio, ci fanno porcate inaudite.
E sì, ho scritto porcate. Tanto non si scandalizza nessuno.
Ma alla fine, credo che ne valga sempre la pena buttarsi. Ma senza affondare.
Rimanere a galla è un'attitudine che non è sbagliata, soprattutto se non si ha abbastanza fiato per rimanere in apnea così a lungo.
Io oggi so che tutto il resto è relativo.
Così come le persone.
Così come le persone.
Soprattutto quelle che non sanno volere bene.
Ludovica
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