Un silenziosissimo rumore.

Cari Amici Lettori,

Da un po' di tempo mi chiedo come facciano le persone a regredire invece del contrario. E tra queste ci sono anche io.
Mi rispondo che è un meccanismo di difesa, un sollievo dal senso di qualunque responsabilità, che sia essa emotiva o fisica o mentale. 
Ma non mi spiego il perché. Forse ci si deve sentire adagiati in una situazione di stallo. Forse non si riesce a risalire dal quel pozzo di pensieri e di paure. 
Ti senti come se avessi un faro puntato addosso, e centinaia di persone che stanno lì a guardarti, come se aspettassero una mossa sbagliata, una azzardata o il salto di qualità. 

A volte vale la pena mettersi a nudo, e per nudo intendo proprio guardarsi così come si è. 
Valutare come quello che ci passa davanti agli occhi, abbia in qualche modo la potenza di lasciarci troppo spesso senza nulla addosso. Prendere un respiro, ritrovare coscienza di chi siamo e cosa vogliamo per davvero. Semplicemente, prenderne atto.
Sembra che per gli altri tutto sia facile, programmato, naturale. 
Io, invece, spesso, quasi sempre, ho dubbi su ogni cosa. Ho paura di dare peso alle cose e alle persone, oppure darne troppo poco. 
Di svalutare ogni mia azione, di non riuscire, di rimanere sempre lì giù. 

Poi penso che non tutto è obbligatorio. Arriva il momento in cui devi prendere il tuo tempo e imparare a galleggiare. A prenderti un attimo e capire che c'è un abisso di differenza tra il vivere e il sopravvivere. 
E tu cosa vuoi fare?
Scegliere la mediocrità e accomodarti.
O prendere in mano la vita, anche senza forze, con molte lacrime e senza certezze. 

Io ho capito che a volte è necessario abbassare la luce, senza spegnerla. 
Godere dell'armonia e mai della noia. 
Capire la paura, senza che ci renda invalidi. 
Non è sempre facile tornare a respirare quando non si ha più aria nei polmoni.
Perché ti senti sempre in lotta, tra te e l'altro te. 
Significa costruirti e poi distruggerti. Rimediare e ricadere.
Avere la sensazione di non sentirsi soddisfatti, all'altezza delle cose, e delle persone. 

Poi dico, ti devi fidare di te.
Accedere la luce, inspirare e respirare. 
Avere la capacità di prendere le distanze da ciò che ci fa male.
Smettere di collezionare le abitudini che limitano le possibilità di salvezza.
Lasciarsi guidare dall'istinto naturale.
Farti amica quella paura che ribolle nelle vene. Che non è sempre una sensazione oscura, anzi, la paura è una grande amica, ad onor del vero. 
Vuol dire che sai già come difenderti da quella cosa lì, mi dico. 
Vuol dire che devi rischiare. 
Fallire e ricominciare daccapo. 

Chiudere gli occhi e sentirsi galleggiare.
Rivolgere lo sguardo verso su, spinti dal vento che calpesta e che soffia nella giusta direzione.
Ecco, non conta fuggire dai propri problemi. 
Questi nascono come dei limiti che possono e devono essere superati. 
Io sono ossessionata dalla pace, che forse è un pensiero che mi assilla, nonostante la sua impotenza, nonostante la paura e il flebile eco. 
Ma è importante trovarla, quella pace. 
Provandoci, si riesce. Tanto, tutto ciò che conta è sempre faticoso. Ciò che non vale, lo inganna l'esasperazione.
Anche quelli che sembrano non lasciarsi andare mai, in realtà poi lo fanno. 

Siamo fragili come ciotole di vetro, trasparenti e vuoti.
Ed è bene riempire questi vuoti di una nuova vita, ogni giorno diversa e più piena. 
Riempir gli spazi, con qualcuno o con qualcosa. Di ricordi, di carezze, di pianti, di risate e di conquiste.

Ci sono voluti anni per capire che il disorientamento è solo una fase della vita.
Che ci si può riprende, che si può ricominciare.
Che non esiste malumore che si possa curare senza la volontà di farlo.
Ho cambiato direzione non so più quante volte.
Ho passato una vita a nascondere e ad assecondare.
Ad andare via e poi ritornare.
Continuamente.
Ho evitato molti mostri.
Fin quando quella porta l’ho aperta, li ho lasciati entrare, ho rinunciato a quella gabbia claustrofobica.
Ho consentito al mio corpo di scoprire l’ebbrezza della libertà.

E forse questo vale solo per chi la intende in un certo modo, come un urto o un fulmine.
Puoi scegliere di stare bene, si.
Puoi scegliere di uscire dalle righe, sentire la libertà, spezzare quelle catene, appartenere a qualcos’altro.
In una quotidianità che cerca di addomesticare, di rallentare e rendere monotona una vita, è bene ritornare dritti, ritrovare una radicalità.
È bene ritornare forti, anche malgrado se stessi.
Sgomitare tra la solarità e l’inquietudine, tra la pazienza e le zone d’ombra.
Ad un certo punto succede che devi diventare il porto sicuro di te stessa, di nuovo e ancora.
Anche quando la marea si ritrae.
Eppure, anche lasciarsi andare è preziosissimo. Anche quando ti fa soffrire.
Ti ritrovi faccia a faccia con l’altra te.
Impari a conoscerla e a riportarla con te, su, in superficie.
Per tornare a respirare di nuovo e ancora.

Però, da questo ho imparato a ricominciare.
Questo ha inibito i miei sentimenti come persona.
Come se avessi ricominciato a vivere.
Come se la mia anima avesse di nuovo preso vita, ma rimanendo sempre in guardia.
Lo so, è paradossale come cosa.

Io credo che tutti meritiamo la serenità, quella conquistata e tanto augurata, che teniamo a braccetto perché è così leggera e fragile da potersi rompere e scivolare via.
Non so se ringraziare o chiedere scusa al regresso.
Ma so che è già difficile fotografare un momento.
Anzi, fotografarsi.
Senza un sentimento.
Almeno per me, lo è ancora di più.
Perciò ogni tanto ci ripasso, lo risfoglio, per ritornare sui miei passi.
E ritornare a vivere cose belle. 
Passare dal pensiero di idealizzazione alla scelta di realizzazione.

Prendere in mano il presente per non abbandonare l’avvenire. 
Trovo estremamente coraggioso scegliere di essere felice senza niente. 
Scegliere di costruire senza niente. 
Che tanto per noi, non esiste l’aura di perfezione. 

Perché perdiamo l’equilibrio, ed è tanto bello così.
Perché la vera vittoria è ritrovare se stessi nel bel mezzo di una tempesta, ed aspettarsi alla riva del mare, senza sapere come ricominciare, ma farlo, senza limitarsi a guardare le cose, ma agendo e basta.
Trovare un senso in  goni cosa, reinventarla, reagire e non resistere, perché alla vita bisogna chiedere di più anziché tenere duro, senza mai arrivare secondi a se stessi, senza mai tradirsi.


Ad ogni costruzione corrisponde una ricostruzione. 
Io l'ho imparato a mie spese. Battagliando per anni, un tempo infinito.  

Ludovica


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