Una voce fastidiosa.
Cari Amici Lettori,
Ultimamente, per questioni personali, mi sono ritrovata a riflettere su questo concetto: cosa ci lascia la vendetta?
Gli astri mi hanno suggerito che il mio segno zodiacale sia naturalmente più rancoroso e meno vendicativo.
E questo risponderebbe alla mia domanda: vale la pena cedere al buco nero dell'impulsività?
Questa è una questione molto complessa, almeno per me.
Io non ci ho mai creduto alla visione evangelica del porre l'altra guancia, che implica il perdono tout-court. Seppur cristologico, non è un paradigma che mi rispecchia. (Che il buon Dio mi perdoni!).
E neppure che la vendetta possa guarire il rancore.
Perché esiste il bene, come il male.
La risposta sta nello scegliere se continuare o meno un rapporto. Un rapporto qualsiasi: amicale, professionale o intimo.
Il problema rimane quando è sicuramente irrealistico pensare che le cose si appianeranno senza un qualche "pareggiamento dei conti", senza aver fatto "purgare" alla persona il suo comportamento scorretto nei nostri confronti. Però si deve andare avanti, attraversare l'oltre, prima che diventi uno stillicidio inutile e dannoso per tutti.
E allora, forse, una soluzione l'ho trovata. La cosa più sana e più sensata sarebbe quella di relegare la persona nell'oblio dei propri sentimenti, metabolizzando anche i nostri errori, fosse anche stato solo l'errore di fidarsi troppo di qualcuno che quella fiducia non la meritava proprio.
Per quanto mi riguarda, credo di essere una persona tale che se ritiene la situazione recuperabile, allora si impegna, rielabora e va avanti, e viceversa, semplicemente la controparte mi diventa indifferente. Che forse sarebbe meglio non avere più alcun contatto in nessun modo, nemmeno attraverso la rabbia.
Inutile è dire che tutto torna. Lasciamo in pace il karma e le sue leggi. E basta dire che ciò che semini raccogli. Così come occhio per occhio., Hammurabi e le XII Tavole.
L'importante è tenere a mente due cose: il sentimento e l'emozione. Il primo è duraturo, l'emozione è breve e priva di significato, quasi inspiegabile e momentanea.
Bisogna essere coraggiosi e consapevoli di isolare quel fenomeno, ovvero, quello che vede passare la vendetta da emozione a sentimento.
A volte, certi sentimenti vanno solo ascoltati meglio.
Ed è difficilissimo ammettere che vanno anche capiti, attraversati e non respinti.
Non si può perdonare se il perdono non viene richiesto.
Non si può fare finta che tutto vada bene, se nulla va bene.
Ma ci si deve allontanare.
Io allo specchio mi ci sono guardata.
Dopo lunghi respiri, ho autorizzato il dolore a rendermi vulnerabile, a togliermi il controllo, a farmi perdere potere.
Forse per troppo tempo ho cercato una risposta emotiva.
Ora ho cambiato pulpito, o forse non l'ho mai rimproverato, o forse non l'ho mai elogiato.
Ora so bene che, se il mio inconscio penserà che la strada migliore sia la vendetta, di certo, quella più giusta è l'accettazione, quella cosa che ti rende una persona migliore.
L'indifferenza mentale, quella che se la applichi non ferisci nessuno e nessuno si fa male, neanche tu.
Non ci ho mai trovato nulla di soddisfacente nel fare del male a chi mi ha fatto male.
Perché ho sempre pensato alla conseguenza più vicina, a quella che avrebbe bruciato la mia pelle.
Cosa ti lascia, poi, la vendetta?
Come lo curi, tu, poi, il tuo male e il tuo dolore?
Come intendi guarire?
Come pensi di essere diverso, allora?
Ad oggi, posso riconoscere di essere andata nella giusta direzione, io.
Abbandonare l'idea del contrappasso, per analogia.
Fortunatamente, ci ho preso l'abitudine.
Ludovica
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