Chi sei quando ti guardi allo specchio?

 Cari Lettori Reali,

Stamattina sotto il cuscino ho trovato lingue parlanti e rami secchi, misti ai capelli. 

Li ho bruciati, con dolcezza. 

È la stagione della gibbosa crescente, delle notti sul terrazzo in compagnia, con una bottiglia di vino e un accendino scarico. 

Della certezza che qualunque dolore verrà puntualmente cantato, e quella leggerezza di certe ore, di certe mani delicate, sarà mirabilmente guardata e ascoltata, da ogni venatura di questo spazio siderale. 

Con le stelle che qui non dormono mai, io a quante cose penso. 


Dietro una foto riuscita c’è una storia, spesso breve, bellissima.

Io non faccio. 

Sono dentro, accanto, fuori, vicino, lontano. Come un richiamo antico a cui non so sottrarmi. 


Allora ritorno. Mi abbraccio. 

Perché è sempre a te che devi ritornare. 

E ritornare a quel profondo senso di giustizia che non serve spiegare che è la mia solitudine la più fedele all’unico spirito potente, quello creatore, che ci fa tornare artefici. 

Anche quando con la miopia della vista viziata, la nostra testa tenta di farci credere il contrario. 

Fin dove possiamo, ci trasformiamo. 

E forse anche oltre. Avvicinarsi sempre di più alla propria essenza.

Così si può sentire ancora battere il cuore. 


Tutto è prezioso, nulla è sprecato, niente è dichiarato. 

Ci sono sempre senza esserci mai. 

Nessuna strategia, solo un senso autentico e non contaminato di ciò che sento. 

Un fiuto, decisamente solitario. 

Su quanto la vita possa cercare di addomesticarmi. 


Il corpo cerca sempre di avvisarmi. 

O inciampo o cado o svengo. 

Ma non ha capito che io sono radicale e radicata.

Guai a me a dimenticarlo ancora.

Ci metto un sacco di tempo, lo so.

Ma è la mia preghiera stretta tra i denti. 


E tu, chi sei quando ti guardi allo specchio?


Ludovica

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